A Viva Voce

Alcuni uomini e alcune donne di Corsica, premurosi del rinverdimento della lingua dotta dei nostri antenati hanno deciso di pubblicare questa rivista in lingua italiana. Essa è un nostro retaggio e un puntello per mantenere viva la lingua còrsa.
Forum

il parlare corso

 giancarlo filippi
Lunedi 7 Dicembre 2015

Stampa versione
[Ignorare]
Vorrei sapere dal Prof Colombani se lui e' veramente convinto che il parlare corso, diverso peraltro da localita' a localita' sia una
vera lingua e non un vernacolo o dialetto che si è formato tra le comunita' di gente italica emigrata massicciamente in Corsica a partire dai tempi in cui Pisa ebbe l'incarico da parte del Vaticano di popolare l'isola.
Molti intellettuali corsi sostengono a mio avviso tesi poco logiche . Mi piace approfondire il problema ed arrivare ad una convinzione per nulla "partigiana"
Grazie per una risposta.
 Paul Colombani
Sabato 12 Dicembre 2015

Stampa versione
[Ignorare]
Per la linguistica attuale la distinzione lingua/dialetti non è rilevante. Anche per il napoletano, il veneto ecc. si parla di lingue. Il còrso, nelle sue varietà è una lingua appartenente all'area italoromanza, che come le varie "lingue" di quest'area deriva dal latino, è stata influenzata dalle parlate confinanti e dalla lingua che vi fungeva da koinè, cioè l'italiano.
Questi trasferimenti "massicci" di popolazione non sono dimostrati anche se è chiaro che ci sono stati degli scambi nel corso dei secoli (vedi i còrsi del Trastevere di cui si sta parlando oggi). Non c'è bisogno di questa ipotesi per spiegare le influenze reciproche.
 FILIPPI GIANCARLO
Sabato 12 Dicembre 2015

Stampa versione
[Ignorare]
Caro Professore, frequento la Corsica da più di 30 anni e mi sono sempre interessato a scoprirne storia ,architettura, ed altri dettagli che mi hanno portato a considerare quest'isola molto più italica di certe regioni italiane. Mi sono divertito a gustare i nicci della Castagniccia raffrontandoli con i necci degli appennini e il fiadone con quello fatto dai pastori calabresi. Moltissimi elementi storici dimostrano che l'insediamento di comunita' venute principalmente da regioni del centro nord si sono concentrate un po' dappertutto dando al nuovo abitato il nome di quello da cui erano partite , E' infatti facile ritrovare nell'isola gli stessi nomi di molti paesi italiani. Tutti continuavano logicamente a parlare il loro linguaggio natio e non puo' essere negato riconoscere che da questa mescolanza si e' arrivati a un linguaggio comune, peraltro diverso tra luogo e luogo in funzione della provenienza degli abitanti . In tutto il mondo sono gli emigrati che hanno imposto la loro lingua. E bene affermare quindi che il corso e' un parlare discendente dal latino in virtu' delle sue radici italiche. D' altro canto anche il Tommaseo e il Viale la pensavano cosi'. A proposito di "scambi", infine ,a me sembra che si possa parlare di correnti migratorie che nei secoli hanno creato un va e vieni continuo, tanto che e' difficile non trovare in Corsica un cognome esistente in Italia. Ha mai osservato, egregio Professore quanti Colombani ci sono nella nostra penisola? E mi sembrano un poco troppi per dire che il loro capostipite si chiamava cosi' perché era nato vicino al convento di S,Colombano.Grazie comunque per la sua risposta , forse sapra' che i livornesi amano la polemica.
 Paolo di Filippo
Martedi 22 Dicembre 2015

Stampa versione
[Ignorare]
Per quanto interessanti siano le dissertazioni sulla collocazione del Corso nella categoria delle lingue o quella dei dialetti (o vernacoli) c'è una domanda di fondo che si farebbe qualsiasi marziano che atterra in Corsica, perché la lingua viene poco parlata nel quotidiano? Perché quando qualcuno la parla, lo fa in silenzio? Credo che l'auspicabile rinascita della lingua debba subire un processo di sdoganamento da ogni condizionamento esterno, i Corsi devono riappropriarsi della propria cultura, valorizzarla e viverla pienamente in ogni istante della giornata. Ai zitelli dico, non vergognatevi della vostra storia e della cultura che n'è venuta, e la lingua è l'essenza di quello che siete oggi e che sarete domani, rifiutate l'omologazione siate originali, parlate Corso!
Invece sulle similitudini tra l'isola e l'Italia, come negarle, per fare la prova del nove venite in Italia e quando tornerete guarderete la vostra isola con un occhio diverso, oppure, chiedetelo a un tedesco se trova simili le due culture, ma comunque il punto è di salvare il Corso dall'estinzione con ogni mezzo e con tutta la buona volontà che possedete.
 filippi giancarlo
Mercoledi 23 Dicembre 2015

Stampa versione
[Ignorare]
Caro Paolo di Fiippo
Non si puo dimenticare che Napoleone Terzo proibi' di arlare italiano e corso. Nemmeno le lauree prese all'Universita' di Pisa potevano essere ritenute valide. Una persona che avesse un attivita' qualsiasi doveva per forza parlare e scrivere in fancese. A scuola si parla solo in francese e si studia la cultura francese.Quale stimolo possono avere i giovani che cercano un lavoro per costruire il loro avvenire di restare su un piano storico-ideoogico che provoca effetti negativi ? I vecchi nei villaggi meno impegnati nella vita cittadina parlano più degli altri il loro vernacolo e forse non c'è da meravigliarsi se per non apparire "paesani" molti altri corsi parlano solo francese. La conservazione delle radici ,della storia fa parte di un programma patriottco, che tuttavia presenta degli inconvenienti pratici nei confronti di chi li ritiene obbligati a rispettare la Republique e tutte le sue regole.
Se un manifestazione di orgoglio isolano sara condivisa da tutti , ci potranno essere dei progressi in senso autonomista, ma cio comportara' senza dubbio dei sacrifici che dovranno essere previsti ed accettati.
 Paolo di Filippo
Giovedi 24 Dicembre 2015

Stampa versione
[Ignorare]
Un mio amico corso mi ha detto che ebbe l'occasione e il privilegio di parlare del Corso col professor Umberto Eco, il quale gli confermò che il Corso è una lingua vera e propria con una sua struttura ben definita (d'altronde come lo sono anche molti nostri dialetti a partire dal napoletano), la sua vicinanza con l'italiano è fuori di dubbio ma, per molte ragioni, i corsi non né vogliono sentire di accostare la loro lingua con l'italiano standard, dunque, come se ne esce? Forse dando lustro al Corso e didatticamente potrebbe essere utile l'accostamento proprio con l'italiano ma solo in chiave didattica visti gli animi contrapposti sul tema dell'italiano come stampella (u putellu) del Corso. Poi contro l'assimilazione francese solo i corsi possono fare qualcosa, noi ce ne preoccupiamo perché sentiamo, dentro di noi, che in caso contrario si avrebbe una perdita culturale enorme, pensare di lasciar morire una lingua è qualcosa di abominevole e soprattutto è un processo irreversibile. Una volta che si sarà persa la consuetudine rimarrà poco da fare al riguardo.
Ti voglio raccontare un fatto accaduto a un mio congiunto tanti anni fa, saprai che la mia città, Roma, negli anni '50 e '60 è stata al centro di processi di migrazione interna da diverse regioni, per lo più del centro sud Italia, allora, per venire al punto, questo mio zio da giovanotto arrotondava lo stipendio facendo piccoli lavori di idraulica e un giorno si trovò ad intervenire in casa di alcuni siciliani e stando ai suoi racconti non riusciva a capire quello che questa signora cercava di spiegargli in dialetto, alche la signora all'ennesimo "non ho capito quello che dice signora" esordì "eppure parlo italiano!". Poi con la televisione tutto è cambiato e l'uso dell'italiano come lingua franca si è diffuso in tutta la penisola, ma prima non era affatto così ognuno al proprio paese parlava solo il suo dialetto nelle varianti varie. Quello che voglio dire che oggi ci sono molti strumenti per diffondere l'uso del Corso, oltre la TV, c'è il web con tutte le sue infinite possibilità d'incontro e queste possibilità tecniche vanno promosse e sviluppate per frenare l'assimilazione, poi che il francese sia la lingua della comunicazione "pulita" va bene, ma insisto che solo l'uso quotidiano del Corso può salvarlo dall'estinzione.
Riguardo poi alle problematiche sul rispetto delle leggi della Repubblica, quello che dici è verissimo ma le leggi si possono cambiare e fanno bene quelli che oggi, al costo di sembrare temerari in questa battaglia, stanno cercando di salvare la propria cultura, la Francia dovrà pure capire e rispettare il sentimento di un popolo verso le sue tradizioni se vuole essere a sua volta rispettata e apprezzata. Inoltre, sulle possibilità di lavoro dei giovani credo che conoscere una lingua che "tale e quale" a una lingua parlata da sessanta milioni di persone (senza pensare ai milioni di italiani che vivono fuori dal Paese: USA, Canada, Sud America, Germania, ecc. che ancora hanno un forte sentimento identitario) forse aprirà orizzonti lavorativi oggi preclusi, la Francia non è il centro dell'universo e oggi viviamo tutti in un mondo globalizzato.
Saluti e Buon Natale a tutti voi.
 giancarlo fiippi
Giovedi 24 Dicembre 2015

Stampa versione
[Ignorare]
Per dare una interpretazione pratica sulle origini dell'attuale parlare corso occorre risalire nel passato e interpretare obiettivamente gli avvenimenti storici. intorno all'anno 1000 ,secondo i documenti del Vaticano, in Corsica vivevano al massimo 15-20.000 anime.IQuesta popolazione viveva perlopiu' nella parte orientale prospiciente l'isola d'Elba ed in quella vicina alla Sardegna con logiche correnti di flusso e riflusso. Poi il Papa decise di ripopolare questa terra dandone incarico alla Repubblica di Pisa. In poco più di due secoli Pisa fece insediare circa 250.000 persone , originarie della toscana e dell'Italia centro nord. Fu cosi' iniziata su grande scala la piantagione dell'ulivo e della vigna ,pastorizia a parte. Si cominciarono a costruire i bellissimi edifici in puro stile romanico-pisano ,,cappelle, monasteri ,chiese etc che a parte Aleria e Mariana rappresentano le prime vere costruzioni esistenti nell'isola. Sulla base di questi elementi si puo' tranquillamente sostenere che la lingua parlata dagli ultimi arrivati era un connubio di vernacoli tosco - italici senza andar a cercare altre illogiche e poco sostenibii teorie. I padroni delle terre erano Italici e la loro mano d'opera idem. Normalmente si inviavano i componenti del ramo cadetto a gestire le prprieta', ed erano persone che avevvano fatto i loro studi spesso a Pisa ma che comunque scrivevano nell'italiano dell'epoca come si puo' leggere in tutti gli scritti . Anche i sermoni e le preghiere erano i Italiano. Da tutto cio' mi pare assai difficile separare 'attuale parlata corsa da questi dati storici e dalla lingua italiana madre dei vernacoli parlati dalle varie comunita' insediate . La Francia coerente con tutte le sue azioni colonizzatrici impone lingua e cultura univocamente nazionaliste e non mi risulta che in altri territori occupati abbia accettato di dare spazio alla lingua ed alla cultura originaria.Il Vaticano aveva 100 anni per rivendicare la proprieta' dell'isola che la Francia intendeva conservare i usucapione senza discussione alcuna. L'usucapione cessa nell'anno 2016.

Il tuo nome :


La tua e-mail :
 (non pubblicato)


Messaggio
Tag incastono   Annullare
La Sua video sarà pubblicata sotto il Suo post.